Ci sono persone a cui interessano i confini, a cui sembra che le linee a separare gli Stati siano insopportabili. E invece c'è chi crede fermamente che la sofferenza sia sofferenza in tutto il mondo, che il bene sia il bene in Italia come in Siria, che non ci siano feriti o malati che valgono più e altri che valgono meno. C'è anche chi, nella beneficenza, non vuole dare la precedenza a nessuno: la sofferenza è tutta uguale.

Comitato Nour è questo, un comitato che intende portare speranza nelle zone più devastate della Terra, ovunque ci sia sofferenza. Che sia nelle tende dei terremotati del Centro Italia, che sia nelle case distrutte e quasi crollate di una piccola città siriana, che sia nei campi profughi vicino Mosul o che sia nella martoriata capitale yemenita. 

Tra i tanti progetti, bisogna nominare il Bread Project, che consiste nel portare il pane alle famiglie più povere; il Milk Project, per riempire i pancini dei neonati del Medio Oriente; il Winter Project, per portare una fiamma calda nei cuori ghiacciati della Siria d'inverno. 

Se l'odio può diffondersi, anche l'amore può farlo. La pace si porta con il dialogo, con un sorriso, con il rispetto delle idee. Comitato Nour è piccolo, ma il suo operato è grande.